I coniugi con più immobili scelgono dove pagare l’Imu

Decreto fisco-lavoro Risolta la questione relativa ai nuclei familiari con residenze in più comuni Per il pregresso si attende la pronuncia della Corte costituzionale Giuseppe Debenedetto I coniugi con residenze in comuni diversi possono scegliere l’immobile sul quale applicare l’esenzione dall’Imu prevista per l’abitazione principale.

Viene così risolta, con un emendamento al Dl 146/2021, l’annosa questione sorta sul regime applicabile in caso di nucleo familiare che ha stabilito la residenza in due immobili ubicati in comuni diversi. La norma oggi disciplina il caso delle abitazioni situate nello stesso comune, consentendo l’esonero ad una sola di esse. Con la modifica al Dl 146/2021 viene invece uniformato il trattamento ai fini Imu, a prescindere dal fatto che gli immobili si trovino nello stesso comune o in comuni diversi.

L’emendamento non risolve però tutte le questioni pendenti e crea peraltro alcuni problemi operativi. Tra l’altro non è chiaro come si devono comportare i contribuenti che devono pagare il saldo Imu 2021 entro il 16 dicembre, cioè quale criterio devono seguire. Diciamo subito che non si tratta di una norma di interpretazione autentica, per cui la modifica sarà efficace dalla data di conversione in legge in poi. Ciò significa che il contribuente potrebbe beneficiare del nuovo criterio al massimo per un mese, se la conversione in legge dovesse intervenire entro 1115 dicembre 2021, altrimenti se ne riparlerà dal 2022. Per il passato si potrebbe però sperare nell’intervento della Corte costituzionale, chiamata in causa dalla Commissione tributaria regionale per la Liguria (con ordinanza del 23 settembre 202o) e più recentemente dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli con ordinanza 2985 del 22 novembre 2021. I giudici tributari hanno evidenziato l’iniziale interpretazione dell’amministrazione Finanziaria (circolare 3/DF del 2012) e il contrapposto orientamento giurisprudenziale della Cassazione, attualmente consolidato, che esclude l’esenzione per il solo fatto che un componente della famiglia risieda in un altro Comune (Cassazione 4166/2020; 20130/2020 e 17408/2021). In tale contesto sarebbe quindi impossibile giungere ad una interpretazione adeguatrice della norma, preclusa dall’univoco tenore letterale della disposizione, dalla specialità della norma agevolativa e dalla presenza di un «diritto vivente» espresso dalla Cassazione, peraltro riconosciuto dal legislatore nell’ambito dell’interrogazione 5-06286 del 23 maggio 2021 (nella circostanza il Dipartimento delle Finanze ha preso atto dell’orientamento espresso dalla Cassazione). Se la Consulta dovesse ritenere incostituzionale l’attuale disciplina, si aprirebbe lo spiraglio dei rimborsi per il pregresso ad eccezione dei casi sui quali si è già pronunciato il giudice con sentenza passata in giudicato. In caso contrario, fino all’entrata in vigore della modifica al D1146/2021 varrebbe il principio che a nessuno dei due alloggi siti in comuni diversi si applicherebbe l’esenzione, in conformità a quanto più volte affermato dalla Cassazione anche recentemente (36676/2021 e 37344/2021). I Comuni potranno così accertare gli omessi versamenti degli ultimi cinque anni, che i contribuenti potrebbero evitare avvalendosi del ravvedimento operoso, reso piuttosto appetibile dal Dl 124/2019, pagando al massimo il 5% di sanzioni oltre interessi legali. A meno che i Comuni accertino senza applicare le sanzioni per obiettiva incertezza della norma tributaria, ai sensi dell’articolo to della legge 212/2000 (statuto dei diritti del contribuente), configurabile anche nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria abbia chiarito i dubbi con una circolare ministeriale (Cassazione 10126/2019). )

fonte Il Sole 24 ore

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